blog di Carlo Cuppini

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mercoledì 17 novembre 2010

Nuova enciclopedia

Voglio fantasticare sul progetto di nuova enciclopedia: la sistemazione ordinata e indicizzata di tutti gli esempi storici, eclatanti, o comunque pubblici, in cui la nostra civiltà (che è pur sempre passata dalle porte auree dei lumi della ragione, fino a prova contraria) applica il sistema del "due pesi due misure"; o, per dirla ancora una volta con Orwell, del "due più due uguale cinque".


Tra gli infiniti, quotidiani casi, me ne saltano agli occhi due freschi freschi, buoni per dare inizio all'immensa opera.


Tareq Aziz: 
Vice e braccio destro di Saddam Hussein, nonché suo consigliere personale e rappresentante del regime nei consessi internazionali. Condannato a morte come il suo capo da un tribunale irakeno, è stato graziato dal presidente irakeno dopo le forti pressioni dell'Europa. Il presidente Talabani ha giustificato la scelta della grazia con queste parole: "Non firmerò l'atto di esecuzione perché Aziz è un anziano signore di oltre 70 anni e in più è cristiano". Deve avere misurato le sue parole: infatti Saddam è stato impiccato a 69 anni. E non era cristiano. (Chissà quante belle cose avrebbe potuto raccontarci, però, se non fosse stato fatto fuori con il benestare di tutti, sulla prima guerra in Iraq ad esempio, o sui soldi che ricevette dagli USA nel decennio precedente per contrastare l'Iran...)


Asia Bibi e le altre:
Donna pakistana di 37 anni, contadina, cristiana. Condannata a morte perché, durante un bisticcio a tema religioso con le colleghe, avrebbe detto: "Gesù per noi si è fatto crocifiggere: cosa ha fatto Maometto per voi?". La condanna a morte è "giusta", se la giustizia è il rispetto della legge: questa sentenza ottempera alla legge sulla blasfemia in vigore nel Pakistan dal 1988.
Come è "giusta" la condanna a morte di Sakineh. Come è "giusta" quella di Teresa Davies.
Oppure nessuna è giusta. Oppure, alcune di queste sono più giuste, o meno ingiuste, delle altre. Bisognerebbe chiederlo ai media e interpellare l'oracolo dell'opinione pubblica internazionale. Perché la grande emotività messa in campo per il destino dell'iraniana, e il pochissimo interesse per l'americana, e il nullo interesse per la pakistana?
Ci devono essere dei motivi, per quanto imperscrutabili. Qualcuno, complottista dell'ultim'ora, potrebbe pensare che il popolo è bue, e nello specifico un bue manovrato dagli interessi dei rispettivi governi a preparare il clima giusto per giustificare una guerra contro un paese piuttosto che contro un altro.


Intanto, a margine della lunga, faticosa e annosa redazione delle voci di questa nuova enciclopedia, io rifletto sul senso dell'arte e della scrittura. La scrittura, il suo obiettivo finale, non è l'espressione di sé, né la costruzione di un discorso intellettuale, né la produzione di ciò che il mercato richiede. E' la lotta contro i demoni e contro la follia; che, a ben guardare, si trovano in egual misura distribuiti dentro di me, tra i miei denti e i miei vestiti, e fuori di me, nella società e nella storia.

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